FESTIVAL DI BIOETICA / ANIMALI, MODE E MALTRATTAMENTI. INTERVISTA A ANNALISA DI MAURO

Le selezioni di alcune razze di cani rispondono alle richieste degli umani ma non tengono conto delle sofferenze inflitte agli animali e ai danni causati alla loro salute

Il Festival di Bioetica, per ogni tema affrontato di anno in anno, ha sempre dedicato attenzione agli animali. Anche per la BELLEZZA, argomento della settimana edizione del Festival, sono previsti interventi che riguardano gli animali. Annalisa Di Mauro, cofondatrice e componente del Consiglio Direttivo di Animal Law Italia ETS, con la sua relazione affronterà la questione del maltrattamento inflitto agli animali per moda o per capriccio.

Etica ed estetica, declinati nel mondo animale, che contorni assumono e quali eccessi raggiungono?

Ciò che è bello, quando incontra il nostro sguardo, in maniera a volte sconosciuta, tocca una corda nascosta del nostro animo e, in una sorta di "rapimento", consente ai nostri pensieri di perdersi nell'immaginazione. L’esperienza estetica, quindi, non ci è estranea - altroché! - e si realizza ogni qual volta giudichiamo qualcosa essere "bello", perché cattura la nostra attenzione e ci suscita emozioni e stati d’animo in qualche modo piacevoli o pregni di significato. Ciò avviene anche nel nostro rapporto con la natura, per cui possiamo riconoscere nei colori di un tramonto, nel rumore del mare, nella fierezza di un animale, la bellezza. 

La ricerca della bellezza, quindi dell'emozione, ha portato l'uomo a voler incidere anche sulle caratteristiche degli animali che lo accompagnano quotidianamente nel corso della vita. È così che, per dirne una, si è giunti all’enfatizzazione di caratteristiche neoteniche durante la selezione di alcune razze di cani che conservano anche in età adulta tratti propri dei cuccioli per continuare a suscitare la tenerezza e l'emozione del "bello" in chi li possiede. Da non credersi, questo è il periodo in cui vanno di moda i cani "tea cup", che da adulti non superano il peso di 1,8 kg e non misurano più di 43 cm. Cani che stanno in una tazza da tè, insomma. Pensiamo al carlino, al suo peso, alle forme contenute, morbide e rotondeggianti, al muso schiacciato, accompagnato da occhi grandi e rotondi, caratteristica antropomorfizzante che rende il muso simile al volto umano.

Che debba suscitare tenerezza o incutere timore, la necessità di soddisfare la pressante richiesta sul mercato di soggetti esteticamente gradevoli, aggressivi, rispondenti alla moda del momento non tiene conto del fatto che tali caratteristiche morfologiche possono essere estremamente dannose per la salute dell'animale. Giusto per rendere un esempio, spesso in piena consapevolezza, si condannano questi individui a condividere la vita con nanismo, patologie cardio vascolari, ostruzione delle alte vie respiratorie, patologie ortopediche, dermatiti. Il problema sussiste per i cani, ma anche per i gatti.

È lì che si pone la questione etica: l'animale, che già nella categorizzazione “da compagnia” viene identificato con la sua finalità, perdendo di vista che l'unico fine di ogni soggetto è quello di condurre la propria vita degnamente, non di essere strumentale ad altri, diventa del tutto un oggetto, un prodotto che incontra gusti e tendenze, ispirati di volta in volta dalla cinematografia o dall'influencer di turno. Stiamo parlando di individui nei confronti dei quali viene perpetrato un maltrattamento vero e proprio, poiché in questi casi la genetica non è finalizzata ad evitare l'insorgenza di malattie, ma addirittura a causarne e a diffonderne, di generazione in generazione. 

Che ruolo può avere la bioetica nel segnalare eccessi o abusi?

La bioetica, in questo caso, deve segnare un limite e accompagnare il cambiamento culturale: per l'ennesima volta, gli animali non devono subire impotenti le conseguenze degli interessi e delle scelte degli esseri umani. La questione non è se qualcosa è possibile o non è possibile, ma se è bene farla. Le manipolazioni genetiche che causano agli animali problemi di salute e sofferenze conducono a un “maltrattamento genetico”. E il maltrattamento non può essere considerato mai un bene. Senza ignorare gli interessi di tutti coloro i quali sono coinvolti nella questione, come gli allevatori, che è necessario tutelare il bene salute e la vita dell'animale bisogna dirlo, e dirlo chiaramente: ai proprietari, ai futuri acquirenti, ai giudici dei concorsi di bellezza, ai vip che sfoggiano orgogliosi il loro "amico a quattro zampe", nelle università, a scuola. 

È anche opportuno accompagnare alla sensibilizzazione sul tema una misura più incisiva per il contenimento di questo fenomeno. Penso alla Norvegia, che ha annunciato il primo divieto legale di allevare Bulldog e Cavalier King Charles Spaniel. In questo cammino per la libertà dalla malattia e dalla sofferenza, fortunatamente, possiamo contare sui Medici veterinari, alleati fondamentali in quanto profondi conoscitori del mondo animale e dotati della giusta autorevolezza per spiegare le conseguenze della selezione estetica selvaggia, eticamente inaccettabile.

Intervista a cura di Tiziana Bartolini

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