Parafrasando Sant’Agostino, tutti sappiamo cosa si intende per bellezza, ma quando ci viene chiesto di definirla ci sfugge di mano. Non sorprende quindi che sia stata oggetto di un’approfondita e duratura riflessione filosofica, talora con accostamenti insidiosi – basta pensare a quello con il “buono” e con il “vero”.

Un fatto certo è che la bellezza è quasi universalmente ricercata e considerata un valore: difficilmente l’uomo riesce a sottrarsi alle tentazioni che ispira.

Tuttavia la bellezza è arma a doppio taglio: chi ne è dotato può esercitare un potere, ma anche finirne vittima.

Proprio questo è il tema della relazione, il cui scopo è individuare alcuni abusi che l’ansia di bellezza – oggi particolarmente intensa e stratificata – consente a discapito delle persone più fragili e manipolabili. La chirurgia plastica e la medicina estetica sono – pur riconoscendo il loro legittimo inserimento nella categoria delle buone opportunità – esempi di possibili derive, anche di natura etica, disposte come trappole in cui far cadere le persone più indifese, insicure o vanitose. La bellezza, insomma, è di mira come strumento di manipolazione per alimentare un mercato nel quale girano cifre da capogiro, ma anche per sfruttare emozioni, paure e desideri. Ci si chiede quindi quali sono i limiti che i medici interessati dovrebbero porsi per mantenersi entro i confini della loro etica professionale. E ci si domanda come evitare che l’ideologia egemonica di una presunta “normalità” fisica trasformi il mito della bellezza in una fuga ossessiva verso l’infelicità.

Giorgio Macellari
Chirurgo senologo
Istituto Italiano Bioetica, Emilia Romagna


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