LA BELLEZZA


Il Festival di Bioetica, giunto alla settima edizione, intende affrontare un tema centrale del dibattito bioetico, quello della bellezza. Si tratta di un tema di assoluto rilievo che investe i complessi rapporti tra etica ed estetica nelle loro relazioni con l’antropologia, la politica, l’economia, il diritto e sollecita diversi orizzonti di ricerca negli ambiti della bioetica umana, ambientale e animale.

E’ stato detto che la bellezza salverà il mondo ma oggi dovremmo soprattutto sentirci impegnati a salvare la bellezza del mondo nella consapevolezza che non si tratta di un bene di lusso ma di prima necessità che abbiamo la responsabilità di difendere e custodire. Nella pluralità dei percorsi interdisciplinari previsti particolare attenzione sarà riservata alla tematica ambientale e alla cultura della sostenibilità articolata nei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 al fine di integrare nella maniera più pragmatica le istanze della società civile con i processi politici e istituzionali, coinvolgendo il mondo della scuola e della formazione e stimolando la partecipazione dei cittadini per accelerare la diffusione di una nuova cultura del ‘ben vivere’. Molte sono le questioni su cui dovremmo sentirci chiamati a riflettere.



Quali sono oggi le risonanze soggettive e psicologiche della bellezza? Come si configura il mito del bello nei social network? Quali le nuove estetiche del corpo? Nell’immaginario collettivo assistiamo ad una crescente spettacolarizzazione della bellezza tra natura e artificio. Egualmente dovremmo chiederci cosa significa concretamente lavorare per un mondo bello, a partire dall’art.9 della nostra Costituzione che ha introdotto tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e, per la prima volta, degli animali, lasciando al legislatore il compito di definire le forme e le modalità di protezione. Da qui la necessità che, in vista di un futuro sostenibile, oltre alla transizione ecologica, si realizzi una transizione del pensiero.

La sfida dei prossimi anni sarà infatti di tenere insieme innovazione e tradizione, nuove tecnologie e bellezza, il che richiede capacità di progettazione e soprattutto creatività. Siamo chiamati a riscoprire la meraviglia di tutto quanto stiamo mettendo gravemente in pericolo: a ripensare, innanzitutto, al nostro rapporto con la natura che ci mostra la sua bellezza ferita, a rimediare ai danni che le abbiamo inflitto, a prendercene cura. Ciò comporta non interventi irrealistici ma, come ammonisce Renzo Piano, piani di lunga durata di “rammendo” idrogeologico e boschivo del nostro territorio a rischio. I momenti di crisi, come quello che stiamo attraversando, sono i più opportuni per sperimentare nuove vie.

Uno dei dibattiti più importanti di questo momento storico è il ruolo delle città per scoprire il senso di un nuovo vivere e per ripensare, nel rispetto del patrimonio della bellezza e dell’eredità storica e artistica che i nostri predecessori ci hanno lasciato, il turismo, il commercio, il decoro urbano, il trasporto, il tempo libero, lo sport: tutto ciò, insomma, che la città può offrire a chi la abita e a chi la visita.

La bellezza costituisce un legame connettivo che consente di progettare e attuare lo sviluppo del territorio come integrazione dinamica fra sostenibilità ambientale, economica e sociale. Una consapevolezza si va sempre più affermando nel mondo delle imprese: il bello produce valore e costituisce un fattore fondamentale d’identità che genera vantaggio competitivo sul mercato. Lo scenario che si apre è quello di un’economia della bellezza espressione di un modello di sviluppo e di distribuzione delle risorse innovativo che fa leva sul patrimonio paesaggistico, artistico, culturale, architettonico, enogastronomico.

Perciò, il Made in Italy dovrebbe caratterizzarsi sempre più come espressione di una visione che pone al centro dello sviluppo economico la qualità della vita e la produzione di ben-essere nel presente, ma anche per le generazioni future. Una ricerca recente del Centro Studi di Banca IFIS, rileva come l’economia della bellezza risulti fondamentale per la competitività delle imprese che hanno fatto della sintesi fra etica ed estetica un elemento distintivo della propria identità, una caratteristica della purpose economy (propria delle imprese che hanno uno scopo sociale, un social impact in termini di sostenibilità). Tali imprese contribuiscono, inoltre, a rafforzare il ruolo e il prestigio dell’Italia a livello internazionale.


L’economia della bellezza risulta, pertanto, centrale per costruire un futuro economico e sociale orientato allo sviluppo qualitativo. Un segnale importante è dato dal fatto che nel 20020 – 2021, ossia nel biennio della crisi indotta dalla pandemia, il contributo al PIL delle imprese manifatturiere e servizi che fanno della bellezza un elemento qualificante la loro identità sia passato dal 17, 2% del 2019 al 24%. Si tratta di realtà che hanno in comune la possibilità di porsi come alternativa alle produzioni “massificate” e che, anche grazie all’impiego di nuove tecnologie della comunicazione declinano specificità ed eccellenza locale su scala internazionale e risultano maggiormente capaci di rispondere ai bisogni degli stakeholder sviluppando politiche di responsabilità sociale cosicché bellezza, etica e giustizia generano capitale etico e resilienza.

L’economia della bellezza costituisce, pertanto, un terreno significativo per l’affermazione di una consapevolezza etica collettiva dove, nelle strategie di sviluppo, il bello non è solo un valore estetico, ma un fattore fondamentale di produzione di valore materiale e immateriale generato dall’integrazione fra cura di sé, degli altri (compresi gli animali non umani), dell’ambiente che le imprese e i servizi contribuiscono a costruire.

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