Intervista a Martina Lenzuni sulle ricerche per migliorare la qualità delle risorse idriche, bene da tutelare

A cura di Tiziana Bartolini

La dr.ssa Martina Lenzuni, dell'Istituto Italiano di Tecnologia, si occupa di Smart Materials e di nanotecnologie applicate alla tutela ambientale, dal riuso di materiali di scarto allo sviluppo di "spugne intelligenti" per il disinquinamento delle acque. Intorno a questi temi porta il suo contributo alla quarta edizione del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 27 e 28 agosto 2020) e le chiediamo di anticipare gli elementi essenziali del suo intervento.

 

Dr.ssa Lenzuni in che modo le nanotecnologie possono aiutarci a migliorare la qualità delle acque?

Negli ultimi anni noi ricercatori del laboratorio di Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia abbiamo creato una nuova generazione di spugne polimeriche funzionali per diverse applicazioni finalizzate alla bonifica delle acque, un campo di ricerca che è diventato una priorità globale. Queste spugne polimeriche sono state utilizzate con successo per rimuovere ad esempio ioni di metalli pesanti dall'acqua, nonché per sviluppare filtri battericidi introducendo nanoparticelle di argento o rame. Inoltre questi materiali di derivazione nanotecnologica sono stati sviluppati con proprietà superficiali su misura per una separazione efficiente di sostanze oleose da acque inquinate. La leggerezza di queste “spugne tecnologiche”, la versatilità e il loro semplice funzionamento suggeriscono come questi nuovi materiali possano essere una potente soluzione per il trattamento delle acque reflue industriali e domestiche contenenti sostanze inorganiche come sali e metalli pesanti, ma anche per la rimozione/recupero di inquinanti ambientali organici come gli idrocarburi. Questi nanomateriali, che noi ricercatori del gruppo Smart Materials chiamiamo “spugne intelligenti”, vengono preparati tramite un metodo facile, economico e altamente scalabile, mirando a ridurre l'uso di prodotti chimici. Un obiettivo ancora più ambizioso per le nostre ricerche è stato quello di creare nuovi strumenti per migliorare la qualità delle acque utilizzando materiali porosi a basso costo disponibili in abbondanza, derivati da rifiuti alimentari e agricoli naturali.

Guardando al futuro, c'è un allarme diffuso sulla tema dell'acqua. Condivide questa preoccupazione?

Personalmente condivido molto questa preoccupazione. In particolare per noi ricercatori questa problematica deve rappresentare uno dei principali stimoli a proseguire nello sviluppo dei nostri progetti. Per quanto riguarda l’acqua dolce, solo il 30% di essa non è rinchiusa nelle calotte polari o nei ghiacciai (non per molto, però). Di questo 30% la maggior parte si trova comunque in aree troppo remote o arriva sul nostro pianeta tramite intensi fenomeni meteorologici - quali monsoni e inondazioni. Inoltre, la domanda di acqua dolce, guidata dalla rapida crescita della popolazione, dai cambiamenti climatici, dall'industrializzazione e dalla contaminazione delle risorse di acqua dolce esistenti, si prevede che aumenterà a un ritmo senza precedenti. Attualmente è stato stimato che circa un terzo della popolazione mondiale non ha ancora accesso ad un approvvigionamento idrico sicuro e prontamente disponibile. Affrontare tale questione è particolarmente urgente, come anche la necessità di recuperare acque marine pulite: con la rapida espansione della popolazione terrestre e l’industrializzazione, le fonti di acque reflue oleose sono notevolmente aumentate, creando gravi problemi di inquinamento e un grande impatto sull'ambiente marino. In tutto il mondo, molti gruppi di ricerca come quello di cui ho il piacere di fare parte - “Smart Materials” dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova - cercano di sviluppare tecnologie alternative e materiali sostenibili per affrontare il grande tema dell’emergenza idrica globale.

 

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