A cura di Tiziana Bartolini

La pandemia ci ha costretto a riflettere sulla stretta e complessa interconnessione di tutti gli umani tra di loro e con  il resto dei viventi In quanto chimico ambientale ed esperto dell'Ecoistituto ReGe, il dr Federico Valerio torna al Festival di Bioetica sia nella veste di chairman del tavolo dedicato al tema  "Prendersi cura della persona" nel contesto della pandemia, sia come relatore su "Citizen Science: i cittadini sentinelle attive per migliorare la qualità dell’aria di Genova”. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

 

Covid-19 ha costretto tutta la società a farsi delle domande sull'ambiente e su tanti argomenti relativi alla salute. Mai, in precedenza, si era registrata una così vasta considerazione di questi temi. In questo contesto che significato profondo assume la definizione 'prendersi cura della persona' dal suo punto di vista?

La pandemia ci ha costretto a riflettere sulla stretta e complessa interconnessione di tutti gli umani tra di loro e con  il resto dei viventi. E la clausura forzata ci ha costretto a riflettere su che cosa veramente valga la pena di vivere. 

Come chimico ambientale mi ha colpito la possibilità, altamente probabile, che la ricerca di profitto, senza regole e senza limiti, che ha volutamente ignorato le norme a tutela della qualità dell’aria, possa essere la spiegazione della elevata mortalità registrata in Lombardia e in particolare nel bergamasco. 

Numerosi studi stanno evidenziando che l’elevata concentrazione di polveri sottili, che da sempre caratterizza queste aree, possa aver predisposto la popolazione, che più lungo ha subito questo attacco, agli effetti più gravi dell’infezione virale.

La mancata attenzione al benessere collettivo, sacrificato sull’altare della crescita, con l’attacco virale, ci ha presentato il suo pesante conto.

Sul ruolo attivo dei cittadini, sull'importanza di un diffuso livello di consapevolezza  lei porta la sua opinione. Quali sono, in sintesi, le questioni principali del tema che affronta? 

La contaminazione chimica delle diverse matrici ambientali (aria, acqua, terra, cibo) coinvolge direttamente gran parte della popolazione che, spesso inconsapevolmente, paga un elevato prezzo in termini di aspettativa di vita sana.
Quanti cittadini sono consapevoli che l’aria malsana di molte delle nostre città provochi annualmente più morti del Covid-19? 

Quanti sanno che a causa di polveri sottili e biossido di azoto, irrispettose dei limiti di legge, ogni anno in Italia si registrano da 40.000 a 80.000 decessi evitabili? 

Quanti sanno da dove derivino questi inquinanti e come sia possibile produrre beni e servizi garantendo a tutti aria, acqua e terra pulita?

I progetti di Scienza Popolare (Citizen Science) avviati a Genova si propongono di estendere la platea di cittadini informati e consapevoli per favorire la soluzione di problemi, ampiamente sottovalutati dalla politica, come le emissioni portuali.

Sulla base della sua esperienza professionale, è cambiata tra i chimici la percezione del loro lavoro? E come? Che considerazioni si sente di fare al riguardo? 

Professionalmente ho verificato la crescente consapevolezza da parte dei colleghi chimici dell’importanza di studiare preventivamente gli effetti ambientali e sanitari di nuove molecole di sintesi e dei sottoprodotti di processi produttivi che ci ostiniamo a chiamare “rifiuti”.

Questa consapevolezza, da alcuni decenni, si è concretizzata in norme e leggi,  finalizzate a controllare e diminuire l’esposizione a sostanze tossiche. 

E per raggiungere questi obiettivi la scienza Chimica, nelle sue diverse declinazioni, ha attivato nuove linee di ricerca. Compresa quella della Chimica Ambientale che studia le complesse trasformazioni che l’immissione nell’ambiente di nuove molecole provoca nell’ambiente e sviluppa specifiche tecniche analitiche in grado di quantificare con precisione e accuratezza gli inquinanti presenti nelle diverse matrici ambientali.

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